FOCUS
108 (Guido Bisagni)
Performance
Palazzo Blu
December 2021 – January 2022
Writing
Fin da piccolo amavo i brevissimi periodi in cui con i miei nonni andavo in montagna qualche giorno, oppure in cui, in bicicletta, andavo a girare fuori città. Con l'arrivo dell'adolescenza queste occasioni stavano sparendo e però avevo un odio completo per il calcio e per gran parte dei passatempi urbani dei miei compagni di scuola. Il vero punto di svolta è stato lo skateboard: mia sorella ne aveva uno di plastica anni '80 e un giorno lo presi e andai davanti al bar del campeggio in cui mi trovavo, li incontrai altri 2 ragazzini con la tavola e lo stesso natale mi feci regalare una tavola semi-pro della Variflex. Quello è stato l'inizio, tramite lo skate ho scoperto il punk (e poi da lì tutto il resto fino alla musica sperimentale), ho deciso di smettere di mangiare carne di altri animali uccisi a quello scopo, ho scoperto il writing. Queste scritte affascinanti che si vedevano sulle riviste di skateboard e qualche volta sui muri, avevano qualcosa di più interessante rispetto alle solite cose calcistiche, politiche o poetiche che vedevo sui muri della mia città. Devo dire però due cose: la prima è che da piccolo le scritte sui muri non mi piacevano ma ne ero attratto in modo irrefrenabile: una volta alle elementari “rubai” un gessetto dalla lavagna e uscendo andai a fare un disegnino sull'angolo della scuola. Cosa buffa è che non venni redarguito, mi chiesero solo cosa stessi facendo. La seconda è che ben prima dell'arrivo del writing c'erano altri tipi di graffiti che mi avevano particolarmente colpito da bambino: dai miei nonni c'era questo grande libro sulla preistoria in cui c'erano le immagini delle pitture rupestri di Lascaux e, vicino, la foto di un aborigeno che dipingeva, sempre su un muro, una di quelle tipiche forme astratte e oniriche. Quelle due pagine penso che mi abbiano influenzato in modo talmente profondo che ancora oggi non riesco a esserne totalmente conscio. Inoltre, specialmente sui muri appena fuori città, erano ancora presenti molte scritte "W COPPI" e anche qualche "W BARTALI"; quelle scritte fatte a biancone avevano qualcosa di speciale e di magico e la loro influenza per me venne fuori con il tempo.
Alessandria è una piccola città, ma a quei tempi era molto meno provinciale e molto più “città” rispetto al paesone decadente che è oggi. Io, sia per l'età che per la mia famiglia, non viaggiavo praticamente mai, le cose dovevo vederle qui e per fortuna c'erano due centri sociali in cui passavano a suonare gran parte dei gruppi più importanti di quegli anni a livello internazionale (ovviamente per i generi che interessavano a me). Per quello capitava di vedere le prime tag e i primi pezzi seri all'interno di questi posti, mischiati con i classici murales anni 70-80 che ancora si facevano e che, a pensarci adesso, poi sono tornati fuori negli anni '00 e soprattutto '10 con il nome di “street art” deprivati dalla loro valenza sociale vera. Quello che io e i miei amici cercavamo però era proprio quello: i Graffiti di New York, il writing! Da quel momento per anni sono riuscito a fare poco altro se non lettere. Questo periodo è durato per quasi tutti gli anni '90 dalle prime tag vicino alla scuola, al copiare il wild style tedesco e poi alla passione per le cose più grezze ed europee dei writers francesi e scandinavi. Di questo periodo ho un ricordo da un lato fantastico ed entusiasmante dall'altro, con il senno di poi, avrei voluto restarne un pochino meno inghiottito. Voglio dire, quando con il mio amico Suede (Dr.Pira) ci spostammo a Milano mi rendevo conto che mentre lui, oltre a fare graffiti come me, riusciva a disegnare altro, io da molti anni non facevo altro che lettere sia sui muri che su carta in ogni momento in cui potevo prendere in mano una matita o una penna. Addirittura avevo un sogno ricorrente che con un fat incredibile facevo grosse tag perfette, forse perchè con i mezzi a disposizione non era così facile nemmeno fare quello. Era un po' limitante. In oltre noi avevamo questa visione di gruppo, prima come PRC e poi come OK, non ci prendevamo mai del tutto sul serio (ma eravamo serissimi nel farlo) e vedevamo la nostra attività in modo molto critico ma allo stesso tempo era una visione di tipo cosmico. L'idea iper individualistica ed egoica che è parte fondamentale del writing però, da queste parti, non poteva avere lo stesso senso che aveva nella patria del capitalismo sfrenato e questa cosa in me ha sempre creato un po' di disagio. Allo stesso tempo ricordo le serate estive o invernali in mezzo alla campagna, nelle yard o sotto i ponti lungo la linea, come dei momenti irripetibili. Da solo era terribile, ma era come un rituale di passaggio, in compagnia era davvero un esperienza “magica”, l'odore dei campi insieme a quello dello spray, il rumore delle bombolette, fantastico. In oltre, cosa importantissima, i graffiti mi hanno dato la possibilità di uscire dall'ambiente provinciale in cui sono cresciuto in cui l'arte in generale non aveva alcuna considerazione.
Post Graffiti
A metà degli anni '90 per me è avvenuto quello che considero il cambiamento più importante: alcuni writer della generazione europea 5-6 anni più anziana di me aveva iniziato a fare cose diverse, sia dal punto di vista concettuale che visivo. Avevano imparato ad usare, senza chiedere il permesso, ogni tipo di superficie pubblica dai graffitisti americani, ma allo stesso tempo si erano accorti che l'ambiente sociale e culturale europeo era completamente diverso da quello americano (oggi molto meno) e ignorare questa cosa era un'idiozia. In Europa anche l'ultimo degli ultimi aveva diritto non solo alla sanità pubblica ma anche ad un istruzione pubblica di un certo livello e non si poteva far finta di non avere quei due millenni almeno in più di storia rispetto agli americani. Così, in particolare gente come Stak e Honet a Parigi, ma non solo, iniziarono a trattare le lettere in modo completamente nuovo o addirittura ad eliminarle creando un “Logo” utilizzando le tecniche che da sempre si usavano in comunicazione. Altri artisti usavano lo spazio pubblico in modo illegale e spontaneo, senza nessun tipo di commissione che non poteva esistere, per creare non solo pittura ma anche sculture, performance e installazioni. Quel periodo, che forse si può definire post-graffitismo europeo per me è stato il punto più alto raggiunto da tutta questa storia. Penso sia anche stato il punto più alto raggiunto nell'arte contemporanea in generale tra la fine del '900 e questi ultimi 20 anni. Il punto è che quasi tutti se ne sono dimenticati. Prima di tutto perché questa cosa non aveva nessun mercato, era sinceramente e naturalmente fatta per il piacere della ricerca e del farlo, quindi era difficile che qualcuno potesse sfruttarlo a fini commerciali. Poi era indipendente dai giri accademici e probabilmente era troppo in anticipo sui tempi e abbastanza incomprensibile anche per chi studia la storia dell'arte. Non stava succedendo negli USA e nemmeno a Londra o a Shangai, non era nemmeno “cool”, succedeva a Parigi o nella Berlino (Akim, ecc...) di quegli anni, ma anche in piccoli centri di periferia dell'ex Europa dell'est (Cke, ecc...) o a Torino (CT e Kurz) e questo credo sia stata la causa principale della sua condanna all'oblio. D'altra parte era anche troppo concettuale e astratto per essere capita da chi faceva i graffiti. Io, a modo mio come 108, sono venuto fuori in quel periodo li, prendendo le mie influenze da tutto quello che mi interessava e mi affascinava anche se non centrava niente con i graffiti, mettendo purtroppo tecnica e qualità da parte per diversi anni in favore della sperimentazione selvaggia.
Stencil, Logo, Poster, Tape,…
Sempre in quegli anni, parallelamente e insieme a questo c'erano molti altri artisti che avevano fatto lettere per anni che grazie a questa ondata di apertura mentale che stavamo vivendo avevano recuperato tecniche e materiali in uso negli anni 60-80 come i poster, gli stencil, i pennelloni e quindi il muralismo, ecc... Questo giro era anche molto interessante, si sviluppò parallelamente anche negli USA e ha avuto molto più successo grazie agli artisti più pop che poi hanno avuto più successo come Banksy o Shepard Fairey. Purtroppo in questo caso col tempo la parte dominante si è standardizzata sui gusti più piacevoli per colori e soggetti, magari mettendoci dentro un po' di politicamente corretto per allargare un po' il bacino di utenza.
Astrattismo
In tutte queste catalogazioni riduttive io sono sempre stato incasellato nel filone dell'astrattismo. E' una cosa che ha senso, perché la parte visiva è quella più visibile del mio lavoro. Del resto, partendo dall'idea di Stak che, come ho già detto, a metà anni '90 si era messo a fare un'icona nera astratta che mi aveva aperto nuovi mondi e possibilità nell'arte pubblica, avevo poi deciso di saltare direttamente indietro alla ricerca dei maestri storici come Kandinskij, Malevich o Jean Arp per proseguire il mio lavoro in modo personale e unendolo ad una ricerca per cui il contesto, il processo e l'interiorità hanno un'importanza principale per cui molte volte il prodotto finale non è una pittura ma una scultura, un video o una foto, un'installazione o una performance sonora, ecc... tanto che allo stesso livello tra gli storici ci metto sempre anche Luigi Russolo con l'Arte dei Rumori.
Writing
When I was young, I loved those days when me and my grandparents used to go to the mountains or when simply I was going out of town with my bicycle. Arriving in adolescence, these opportunities were getting fewer and fewer, and unfortunately, I had a complete disenchantment for football and the hobbies that most of my classmates used to have.
The real turning point was the skateboard: my sister had a plastic one from the 80s and one day I took it and went in front of the bar of the campsite where I was where I met two kids with skateboards too. That Christmas I got a Variflex semi-pro. This was the main beginning. I discovered punk through skate (among other experimental music), I decided to stop eating meat from slaughtered animals and I discovered: the writing. These fascinating writings that were on skateboard magazines or sometimes on the walls , had something more interesting in comparison with the football, political or even poetic things I saw on the walls of my city. However, I must confess two things: the first is that as a child I didn't like the writing on the walls but I was irresistibly attracted to them. For instance, once in elementary school I "stole" a piece of chalk from the blackboard and I went to draw a little sketch on one of the corner of the school . Funny thing is that I didn't get scolded and they just asked me what I was doing. The second is that before the arrival of writing there was other type of graffiti that impressed me as a child: my grandparents had this great book of prehistory in which there was a page with the paintings from the Lascaux's cave and on the other side: an image of an aboriginal painting a wall the typical abstract and dreamlike forms. I think those pages influenced me in such a profound way that even today I cannot be fully aware of them. Furthermore, on the walls outside the city, there were walls with: "W COPPI" and "W BARTALI"; these ones had something special and magical that their influence for me came out over time.
Alessandria is a small town, but in those days it was much less provincial and much more "city" than the decaying town it is today. Due to my age and maybe to my family, I was unable to travel but luckily I was able to attend performances being here since there were two venues where some of the most important bands of those years used to come. (Speaking of the genres I liked).
This is why I was able to see the first tag and the first serious pieces, that mixed with the classic murals of the 70-the 80s that were still in process, in fact, these came out again in the 2000 and also in the '10 now named as "street art" but depriving of its true social value. And what me and my friends were looking for was just that: New York Graffiti, writing!
From that moment for years I was able to do little more than letters, this period covered all the 90's, starting from doing the first tags near the school, through copying the German wild style and going with the passion for the row from the French and Scandinavian writers.However, I have fantastic and exciting memories of this period but in hindsight, I would have liked to be a little less stuck.
I must admit that when I moved to Milan with my friend Suede (Dr. Pira) I realized that although he, in addition to doing graffiti like me, could also draw other things, but for many years I had not done more than letters both on the walls and on paper at any time when I could pick up a pencil or pen. I even had a recurring dream that with an incredible fat cap,I was able to make great perfect tags, perhaps because the tools available were not so easy to, neither to make it. It was a bit limiting.
We had this group vision, first as PRC and then as OK, and we never took ourselves completely seriously (but we were very serious about doing it) also we took our activity very critically but at the same time it was like a cosmic vision. The hyper individualistic and egoic idea that is a fundamental part of the writing, could not have the same sense as it is in the unbridled capitalism and this has always created a bit of discomfort for me. At the same time, I remember summer or winter evenings in the middle of the countryside, in the yards or under the bridges along the line, as unrepeatable moments. Alone it was terrible, but it was like a ritual of passage but in company, it was truly a "magical" experience, the smell of the fields together with that of the spray, the noise of the cans, fantastic. In addition, what is very important, graffiti gave me the opportunity to leave the provincial environment in which I grew up, in which art in general had no consideration.
Post Graffiti
In the mid-90s, the most important change took place: some writers of the European generation 5-6 years older than me had started doing different things, both from a conceptual and visual point of view. They had learned to use, without asking permission, any kind of public surface from American graffiti artists, but at the same time they had realized that the European social and cultural environment was completely different from the American one (today much less) and to ignore this thing was not very smart.. In Europe, even the last of the last had the right not only to public health but also to a public education of a certain level and one could not pretend not to have those two millennia more of history than the Americans. Hence, people like Stak and Honet in Paris, began to treat letters in a completely new way or even to eliminate them by creating a "Logo" using the techniques that have always been used in communication. Other artists used the public space illegally and spontaneously, without any kind of commission that could not exist, to create not only painting but also sculptures, performances and installations. That period, which perhaps can be defined as European post-graffiti, was for me the highest point reached by this whole story. I think it was also the highest point reached in contemporary art in general between the end of the 20th century and these last 20 years. Unfortunately, almost everyone has forgotten about it. First of all because this thing had no market, it was sincerely and naturally made for the pleasure of researching and doing it, so it was difficult for anyone to exploit it for commercial purposes.
In addition, it was independent from academic circles. Probably it was also too ahead of its time and quite incomprehensible even for those who study the history of art. Adding that it wasn't happening in the USA and not even in London or Shanghai, it wasn't even "cool" but it was happening in Paris or Berlin (Akim, etc ...) of those years, in small suburban centers of the former East Europe (Cke, etc ...) and in Turin (CT and Kurz); perhaps, this was the main cause of his condemnation to oblivion. On the other hand, it was also too conceptual and abstract to be understood by graffiti artists. I, in my own way as 108, came out in that period there, taking my influences from everything that interested me and fascinated me even if it had nothing to do with graffiti, unfortunately putting technique and quality aside for several years in favor of wild experimentation.
Stencil, Logo, Poster, Tape,…
Also in those years, there were many artists who had been making letters for years who, thanks to this wave of open-mindedness that we were experiencing, some techniques and materials in use in the 60s-80s such as posters, stencil, brushes, and therefore muralism, etc were brought back. This tour was also very interesting, it developed in parallel in the USA and it had more impact thanks to pop artists such as Banksy or Shepard Fairey that later would get success. Unfortunately, in this case, over time, the dominant part has been standardized on the most palatable tastes of colors and themes, perhaps so that the use of the politically correct, broadens the area of influence.
Abstractism
In all these reductive cataloging I have always been pigeonholed in the vein of abstractionism. It makes sense, because the visual part is the most visible part of my work. After all, starting from the idea of Stak who, as I have already said, in the mid-90s had started to make an abstract black icon that had opened up new worlds and possibilities in public art, I had then decided to jump directly back in search of historical masters such as Kandinskij, Malevich or Jean Arp to continue my work in a personal way and combining it with a search for which the context, the process and the interiority have a main importance so that many times the final product does not it is a painting but a sculpture, a video or a photo, an installation or a sound performance, etc ... so much so that I always include Luigi Russolo's manifesto on the same level among historians.
FOCUS
108 (Guido Bisagni)
Performance
Palazzo Blu
December 2021 – January 2022
Writing
Fin da piccolo amavo i brevissimi periodi in cui con i miei nonni andavo in montagna qualche giorno, oppure in cui, in bicicletta, andavo a girare fuori città. Con l'arrivo dell'adolescenza queste occasioni stavano sparendo e però avevo un odio completo per il calcio e per gran parte dei passatempi urbani dei miei compagni di scuola. Il vero punto di svolta è stato lo skateboard: mia sorella ne aveva uno di plastica anni '80 e un giorno lo presi e andai davanti al bar del campeggio in cui mi trovavo, li incontrai altri 2 ragazzini con la tavola e lo stesso natale mi feci regalare una tavola semi-pro della Variflex. Quello è stato l'inizio, tramite lo skate ho scoperto il punk (e poi da lì tutto il resto fino alla musica sperimentale), ho deciso di smettere di mangiare carne di altri animali uccisi a quello scopo, ho scoperto il writing. Queste scritte affascinanti che si vedevano sulle riviste di skateboard e qualche volta sui muri, avevano qualcosa di più interessante rispetto alle solite cose calcistiche, politiche o poetiche che vedevo sui muri della mia città. Devo dire però due cose: la prima è che da piccolo le scritte sui muri non mi piacevano ma ne ero attratto in modo irrefrenabile: una volta alle elementari “rubai” un gessetto dalla lavagna e uscendo andai a fare un disegnino sull'angolo della scuola. Cosa buffa è che non venni redarguito, mi chiesero solo cosa stessi facendo. La seconda è che ben prima dell'arrivo del writing c'erano altri tipi di graffiti che mi avevano particolarmente colpito da bambino: dai miei nonni c'era questo grande libro sulla preistoria in cui c'erano le immagini delle pitture rupestri di Lascaux e, vicino, la foto di un aborigeno che dipingeva, sempre su un muro, una di quelle tipiche forme astratte e oniriche. Quelle due pagine penso che mi abbiano influenzato in modo talmente profondo che ancora oggi non riesco a esserne totalmente conscio. Inoltre, specialmente sui muri appena fuori città, erano ancora presenti molte scritte "W COPPI" e anche qualche "W BARTALI"; quelle scritte fatte a biancone avevano qualcosa di speciale e di magico e la loro influenza per me venne fuori con il tempo.
Alessandria è una piccola città, ma a quei tempi era molto meno provinciale e molto più “città” rispetto al paesone decadente che è oggi. Io, sia per l'età che per la mia famiglia, non viaggiavo praticamente mai, le cose dovevo vederle qui e per fortuna c'erano due centri sociali in cui passavano a suonare gran parte dei gruppi più importanti di quegli anni a livello internazionale (ovviamente per i generi che interessavano a me). Per quello capitava di vedere le prime tag e i primi pezzi seri all'interno di questi posti, mischiati con i classici murales anni 70-80 che ancora si facevano e che, a pensarci adesso, poi sono tornati fuori negli anni '00 e soprattutto '10 con il nome di “street art” deprivati dalla loro valenza sociale vera. Quello che io e i miei amici cercavamo però era proprio quello: i Graffiti di New York, il writing! Da quel momento per anni sono riuscito a fare poco altro se non lettere. Questo periodo è durato per quasi tutti gli anni '90 dalle prime tag vicino alla scuola, al copiare il wild style tedesco e poi alla passione per le cose più grezze ed europee dei writers francesi e scandinavi. Di questo periodo ho un ricordo da un lato fantastico ed entusiasmante dall'altro, con il senno di poi, avrei voluto restarne un pochino meno inghiottito. Voglio dire, quando con il mio amico Suede (Dr.Pira) ci spostammo a Milano mi rendevo conto che mentre lui, oltre a fare graffiti come me, riusciva a disegnare altro, io da molti anni non facevo altro che lettere sia sui muri che su carta in ogni momento in cui potevo prendere in mano una matita o una penna. Addirittura avevo un sogno ricorrente che con un fat incredibile facevo grosse tag perfette, forse perchè con i mezzi a disposizione non era così facile nemmeno fare quello. Era un po' limitante. In oltre noi avevamo questa visione di gruppo, prima come PRC e poi come OK, non ci prendevamo mai del tutto sul serio (ma eravamo serissimi nel farlo) e vedevamo la nostra attività in modo molto critico ma allo stesso tempo era una visione di tipo cosmico. L'idea iper individualistica ed egoica che è parte fondamentale del writing però, da queste parti, non poteva avere lo stesso senso che aveva nella patria del capitalismo sfrenato e questa cosa in me ha sempre creato un po' di disagio. Allo stesso tempo ricordo le serate estive o invernali in mezzo alla campagna, nelle yard o sotto i ponti lungo la linea, come dei momenti irripetibili. Da solo era terribile, ma era come un rituale di passaggio, in compagnia era davvero un esperienza “magica”, l'odore dei campi insieme a quello dello spray, il rumore delle bombolette, fantastico. In oltre, cosa importantissima, i graffiti mi hanno dato la possibilità di uscire dall'ambiente provinciale in cui sono cresciuto in cui l'arte in generale non aveva alcuna considerazione.
Post Graffiti
A metà degli anni '90 per me è avvenuto quello che considero il cambiamento più importante: alcuni writer della generazione europea 5-6 anni più anziana di me aveva iniziato a fare cose diverse, sia dal punto di vista concettuale che visivo. Avevano imparato ad usare, senza chiedere il permesso, ogni tipo di superficie pubblica dai graffitisti americani, ma allo stesso tempo si erano accorti che l'ambiente sociale e culturale europeo era completamente diverso da quello americano (oggi molto meno) e ignorare questa cosa era un'idiozia. In Europa anche l'ultimo degli ultimi aveva diritto non solo alla sanità pubblica ma anche ad un istruzione pubblica di un certo livello e non si poteva far finta di non avere quei due millenni almeno in più di storia rispetto agli americani. Così, in particolare gente come Stak e Honet a Parigi, ma non solo, iniziarono a trattare le lettere in modo completamente nuovo o addirittura ad eliminarle creando un “Logo” utilizzando le tecniche che da sempre si usavano in comunicazione. Altri artisti usavano lo spazio pubblico in modo illegale e spontaneo, senza nessun tipo di commissione che non poteva esistere, per creare non solo pittura ma anche sculture, performance e installazioni. Quel periodo, che forse si può definire post-graffitismo europeo per me è stato il punto più alto raggiunto da tutta questa storia. Penso sia anche stato il punto più alto raggiunto nell'arte contemporanea in generale tra la fine del '900 e questi ultimi 20 anni. Il punto è che quasi tutti se ne sono dimenticati. Prima di tutto perché questa cosa non aveva nessun mercato, era sinceramente e naturalmente fatta per il piacere della ricerca e del farlo, quindi era difficile che qualcuno potesse sfruttarlo a fini commerciali. Poi era indipendente dai giri accademici e probabilmente era troppo in anticipo sui tempi e abbastanza incomprensibile anche per chi studia la storia dell'arte. Non stava succedendo negli USA e nemmeno a Londra o a Shangai, non era nemmeno “cool”, succedeva a Parigi o nella Berlino (Akim, ecc...) di quegli anni, ma anche in piccoli centri di periferia dell'ex Europa dell'est (Cke, ecc...) o a Torino (CT e Kurz) e questo credo sia stata la causa principale della sua condanna all'oblio. D'altra parte era anche troppo concettuale e astratto per essere capita da chi faceva i graffiti. Io, a modo mio come 108, sono venuto fuori in quel periodo li, prendendo le mie influenze da tutto quello che mi interessava e mi affascinava anche se non centrava niente con i graffiti, mettendo purtroppo tecnica e qualità da parte per diversi anni in favore della sperimentazione selvaggia.
Stencil, Logo, Poster, Tape,…
Sempre in quegli anni, parallelamente e insieme a questo c'erano molti altri artisti che avevano fatto lettere per anni che grazie a questa ondata di apertura mentale che stavamo vivendo avevano recuperato tecniche e materiali in uso negli anni 60-80 come i poster, gli stencil, i pennelloni e quindi il muralismo, ecc... Questo giro era anche molto interessante, si sviluppò parallelamente anche negli USA e ha avuto molto più successo grazie agli artisti più pop che poi hanno avuto più successo come Banksy o Shepard Fairey. Purtroppo in questo caso col tempo la parte dominante si è standardizzata sui gusti più piacevoli per colori e soggetti, magari mettendoci dentro un po' di politicamente corretto per allargare un po' il bacino di utenza.
Astrattismo
In tutte queste catalogazioni riduttive io sono sempre stato incasellato nel filone dell'astrattismo. E' una cosa che ha senso, perché la parte visiva è quella più visibile del mio lavoro. Del resto, partendo dall'idea di Stak che, come ho già detto, a metà anni '90 si era messo a fare un'icona nera astratta che mi aveva aperto nuovi mondi e possibilità nell'arte pubblica, avevo poi deciso di saltare direttamente indietro alla ricerca dei maestri storici come Kandinskij, Malevich o Jean Arp per proseguire il mio lavoro in modo personale e unendolo ad una ricerca per cui il contesto, il processo e l'interiorità hanno un'importanza principale per cui molte volte il prodotto finale non è una pittura ma una scultura, un video o una foto, un'installazione o una performance sonora, ecc... tanto che allo stesso livello tra gli storici ci metto sempre anche Luigi Russolo con l'Arte dei Rumori.
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