FOCUS
2501
Performance
Palazzo Blu
5 Marzo 2022
ore 17
Per affrontare le tematiche delle sale ho messo insieme alcuni momenti della mia storia personale (corredati di QR code) per cercare di proporre delle suggestioni sui quattro temi della mostra.
Vivo a milano dove sono nato il 25 gennaio 1981 e dove ho iniziato a dipingere come writer dal 1996 (soprattutto treni FS dal 98/99).
La mia crew di origine SK (Moz, Xsone, Biglia 19), ma sono stato anche parte della VB (Mork, Xera, Flood, Pat, Gens, Ragio, Ikea, Siko) e dei Volkswriterz di MIlano. Ricordo quando ho realizzato che avrei voluto essere un writer.
Avevo circa 13 anni e il mio patrigno mi regalò una vhs dei TDK (nota crew di Milano) comprata al C.S.O.A Leoncavallo. Guardando indietro, credo che quello che mi abbia colpito maggiormente sia stata la totale libertà espressiva di quel tipo di attitudine.
1
Lo scenario in cui mi muovevo a Milano in quegli anni era composto principalmente da spazi occupati, come grandi stabili industriali, dai capannoni dei rave party illegali, e dalle yard dove si dipingevano i treni.
Questi sono i luoghi geografici dove ho passato la maggior parte del mio tempo e dove si è formato il mio gusto estetico.
La mia pratica in strada con le lettere si è trasformata in un approccio più figurativo e orientato verso il logo, dopo la mia esperienza a San Paolo del Brasile (dal 1999 al 2003 circa).
Vivere in una megalopoli sudamericana, mi ha fatto immediatamente capire come lo spazio architettonico fosse plasmabile per le proprie esigenze, e come si potesse interagire con esso in maniere nuove e non legate solamente al writing. L’intera metropoli era un groviglio di opportunità architettoniche per dipingere o per interagire con il tessuto urbano, un continuo cambiamento di prospettive, di altezze e di materiali.
L’architettura è stata perciò n’ispirazione che ha plasmato il mio lavoro in maniera quasi subliminale fin dall’inizio.
Il mio primo pseudonimo (dopo la mia tag NEVER usata per i graffiti ) è stato ROBOT INC e con questo pseudonimo il mio lavoro è stato pubblicato in uno dei primi libri di rilievo internazionale che sia stato fatto: STREET LOGO di Tristan Manco, per Thames and Hudson.
2
Dopo alcuni anni questo pseudonimo ha lasciato spazio a 2501 che è diventato il numero con cui firmo i miei lavori.
Sono stato spesso definito uno street artist, anche se credo che questo termine (fuorviante) sia stato coniato per descrivere un movimento di artisti che si esprimono nel contesto pubblico, ma che spesso hanno poco in comune tra di loro a livello di ricerca e di estetica. Credo sia poco attuale parlare di street art, ma sia più appropriato parlare di artisti che hanno un background legato al contesto urbano. I miei riferimenti principali non vengono dall’arte urbana, anche se ci sono molti artisti che ammiro all’interno di questo movimento.
I miei riferimenti sono artisti provenienti da un background classico e sono più dei riferimenti di attitudine che estetici.
Tra i principali Roberto Matta e suo figlio Gordon Matta Clark, Andy Goldsworthy, Il Calder de “le Cirque de Calder”, Dadamaino, Francis Alys, Norman McLaren, Margaret Kilgallen e Barry McGee.
La mia maggior influenza formativa è tata il collettivo milanese SUN WU KUNG di cui facevano parte BO130, Microbo, Francesca D’Antona, Claudio Sinatti, Painè, Riccardo Arena, Nunzio Cicero, Tatiana, GGT e Ozmo (che ha collaborato molto con loro ed è stato mio coinquilino per quasi 2 anni).
3
Alcuni di loro erano più legati all’estetica urbana (come BO130, Microbo, GGT e Ozmo), altri assolutamente no (come Riccardo Arena, Nunzio Cicero e Tatiana) e altri ancora, come Claudio Sinatti, erano leggende del writing milanese (KADO TKA) che poi avevano intrapreso altre strade. Da loro sono arrivato per lo stage di fine corso della civica di cinema di Milano, e nel loro studio (che poi è diventato anche il mio) ho iniziato a capire cosa vuol dire portare avanti una ricerca.
Gli input principali rispetto al trasformarsi del mio lavoro, derivano dall’essere stato coinvolto direttamente nell’organizzazione di varie occupazioni (Bulk, Malamanera, 4042, Pergola negli ultimi anni). Questi spazi auto-organizzati sono stati per anni il punto d’incontro di diversi gruppi di sperimentazione creativa.
Essendo spazi urbani occupati, l’interazione con il quartiere e con la città stessa erano centrali.
4
Un progetto tra tutti portato avanti in quegli anni è stato TORA BORA.
Da un’idea nata da un viaggio in furgone con Mork e Fritz the cat, abbiamo creato uno spazio all’interno del Bulk dove facevamo serate invitando a cantare Kaos, DJ Gruff, Esa e vari altri protagonisti del Rap di quel momento.
Vendevamo anche spray 7 giorni su 7, alimentando un grosso giro di writer all’interno del Bulk.
Faceva parte della crew che portava avanti questo progetto anche Gianni Ludico detto Abbominevole.
Sempre in quel periodo, insieme a Mork, mi sono spostato per circa un anno al Nuovo Bauhaus a Weimar in Germania, dove ho frequentato un master in visual communication.
Weimar, insieme ad alcune esperienze in Palestina durante quel periodo, mi ha fatto scoprire la volontà di filmare quello che succedeva attorno a me.
5
Fino al 2009 ho assorbito informazioni da tutto quello che mi stava attorno, ero ancora poco cosciente sulle motivazioni che spingevano il mio lavoro, ma mi stavo formando sulla gran parte delle tematiche su cui avrei lavorato durante i 10 anni successivi.
È in quel momento che ho iniziato a dipingere usando il bianco e nero e le linee che mi caratterizzano, e che la mia attenzione si è spostata sul tentativo di definire il significato della mia pratica.
È così iniziato un momento di riflessione su come si potesse, usando la pittura come punto di partenza, parlare attraverso il video di altri concetti.
Un esempio molto chiaro di questo processo è MIRRORLESS (2013), un progetto a 4 mani con l’artista argentino Pastel-Franciscos Dias Scotto, in cui gli interventi pittorici sulle case di Winwood (Miami), diventano un pretesto per esplorare lo spazio urbano e i temi della nostra ricerca.
6
MIRRORLESS è stato il mio primo grosso progetto in America.
Tra il 2009 e il 2019 ho continuato a viaggiare tra l’italia e gli Stati uniti, facendo mostre, muri, progetti e gettando le basi per la parte più matura della mia ricerca.
Gli Stati Uniti mi hanno dato la possibilità di lavorare a progetti su più ampia scala e con una maggior apertura verso i giovani artisti, cosa del tutto sconosciuta venendo dall’Italia.
Questi 10 anni sono anche gli anni in cui è esploso il gigantismo nei murales e si è delineata maggiormente un’idea di Nuovo Muralismo Astratto.
6b
L’ampliamento della mia ricerca, insieme al tentativo di creare un archivio video che ne parlasse, si concretizza con il progetto ongoing NOMADIC EXPERIMENT.
7
Circa 10 anni fa ho iniziato a mettere insieme, all’interno di un sito, una serie di riflessioni sul mio lavoro e sulla mia esperienza di nomadismo artistico, cercando di costruire una narrativa riguardo a quello che stava succedendo attorno al nuovo muralismo e a come questo processo si stesse riflettendo nel mio lavoro.
Questo lavoro sul mio archivio personale ha fatto sì che negli anni mi rendessi conto di non essere interessato esclusivamente alla pratica pittorica.
Diventava sempre più chiaro come il tipo di approccio che stavo sviluppando relativamente alla mia pittura, si potesse traslare su altri media, creando nuove connessioni e contenuti.
7b
Da questa realizzazione, nascono LA MACCHINA e ANIMATED LANDSCAPE, due lavori in cui la pittura sperimenta nuovi spazi e supporti.
Il progetto LA MACCHINA consiste in una serie di sculture, create negli anni in collaborazione con Recipient.cc, che attraverso l’uso di rulli ed ingranaggi motorizzati, mettono in movimento superfici cartacee su cui interagisco con la pittura.
Il PROCESSO si materializza sia nel lavoro che nello spazio che il lavoro stesso crea attorno a sè.
8
In una delle più recenti configurazioni de LA MACCHINA, un software traduce i miei segni sulla carta nella modulazione di un onda sonora in tempo reale.
Così anche il suono è entrato nel mio lavoro.
9
Ritorna anche la componente performativa, che a mio parere è centrale anche nei graffiti classici, seppur non esplicitamente.
ANIMATED LANDSCAPE è un progetto di land art e video, dove I territori, scelti di volta in volta per specifiche caratteristiche ambientali e antropologiche, vengono indagati e raccontati attraverso interventi effimeri (tratti, forme e composizioni geometriche) eseguiti con materiali legati al territorio e filmate in zenitale da un drone.
10
L’intervento umano diventa unità di misura dello spazio circostante e motore di interazioni scultoree performative con l’ambiente architettonico. Il punto di vista sopraelevato fa scomparire la figura umana, favorendo così un processo di ridefinizione dello spazio e degli immaginari, creando una visione di luoghi che non si riconoscono più nella rappresentazione di loro stessi.
Il progetto diventa più articolato nel 2021, quando in occasione della rassegna CONTACT(less) organizzata dal Museo MAXXI L’Aquila, abbiamo girato una serie di coreografie ambientali in due location differenti, con il supporto di performers non professionisti.
11
Il risultato finale è stato una performance audiovisiva nella sala del museo dedicata a William Kentridge, in cui io e Ilaria Ceccarelli abbiamo musicato dal vivo le riprese delle due sequenze, usando LA MACCHINA, la voce, e il suono di un flauto. Credo che il mio lavoro parli principalmente del TEMPO. L’esperienza della pittura è intesa come rappresentazione visiva del tempo impiegato per crearla, e acquista significato nel suo divenire in relazione allo spazio fisico che la ospita. L’opera diventa la rappresentazione di un dato momento. La mia ricerca non va verso un fine ultimo compositivo/estetico; è una continua manipolazione ed elaborazione di un’idea di base dove al centro c’è il PROCESSO e la sua esplicitazione, che diventa un momento di continuo apprendimento.
12
“THE PROJECT STARTED FROM AN IDEA AND ENDED IT UP IN A DIALOGUE THAT WE COULD ONLY ATTEMPT IN VAIN TO CONTROL”.
FOCUS
2501
Performance
Palazzo Blu
5 Marzo 2022
ore 17
Per affrontare le tematiche delle sale ho messo insieme alcuni momenti della mia storia personale (corredati di QR code) per cercare di proporre delle suggestioni sui quattro temi della mostra.
Vivo a milano dove sono nato il 25 gennaio 1981 e dove ho iniziato a dipingere come writer dal 1996 (soprattutto treni FS dal 98/99).
La mia crew di origine SK (Moz, Xsone, Biglia 19), ma sono stato anche parte della VB (Mork, Xera, Flood, Pat, Gens, Ragio, Ikea, Siko) e dei Volkswriterz di MIlano. Ricordo quando ho realizzato che avrei voluto essere un writer.
Avevo circa 13 anni e il mio patrigno mi regalò una vhs dei TDK (nota crew di Milano) comprata al C.S.O.A Leoncavallo. Guardando indietro, credo che quello che mi abbia colpito maggiormente sia stata la totale libertà espressiva di quel tipo di attitudine.
1
Lo scenario in cui mi muovevo a Milano in quegli anni era composto principalmente da spazi occupati, come grandi stabili industriali, dai capannoni dei rave party illegali, e dalle yard dove si dipingevano i treni.
Questi sono i luoghi geografici dove ho passato la maggior parte del mio tempo e dove si è formato il mio gusto estetico.
La mia pratica in strada con le lettere si è trasformata in un approccio più figurativo e orientato verso il logo, dopo la mia esperienza a San Paolo del Brasile (dal 1999 al 2003 circa).
Vivere in una megalopoli sudamericana, mi ha fatto immediatamente capire come lo spazio architettonico fosse plasmabile per le proprie esigenze, e come si potesse interagire con esso in maniere nuove e non legate solamente al writing. L’intera metropoli era un groviglio di opportunità architettoniche per dipingere o per interagire con il tessuto urbano, un continuo cambiamento di prospettive, di altezze e di materiali.
L’architettura è stata perciò n’ispirazione che ha plasmato il mio lavoro in maniera quasi subliminale fin dall’inizio.
Il mio primo pseudonimo (dopo la mia tag NEVER usata per i graffiti ) è stato ROBOT INC e con questo pseudonimo il mio lavoro è stato pubblicato in uno dei primi libri di rilievo internazionale che sia stato fatto: STREET LOGO di Tristan Manco, per Thames and Hudson.
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Dopo alcuni anni questo pseudonimo ha lasciato spazio a 2501 che è diventato il numero con cui firmo i miei lavori.
Sono stato spesso definito uno street artist, anche se credo che questo termine (fuorviante) sia stato coniato per descrivere un movimento di artisti che si esprimono nel contesto pubblico, ma che spesso hanno poco in comune tra di loro a livello di ricerca e di estetica. Credo sia poco attuale parlare di street art, ma sia più appropriato parlare di artisti che hanno un background legato al contesto urbano. I miei riferimenti principali non vengono dall’arte urbana, anche se ci sono molti artisti che ammiro all’interno di questo movimento.
I miei riferimenti sono artisti provenienti da un background classico e sono più dei riferimenti di attitudine che estetici.
Tra i principali Roberto Matta e suo figlio Gordon Matta Clark, Andy Goldsworthy, Il Calder de “le Cirque de Calder”, Dadamaino, Francis Alys, Norman McLaren, Margaret Kilgallen e Barry McGee.
La mia maggior influenza formativa è tata il collettivo milanese SUN WU KUNG di cui facevano parte BO130, Microbo, Francesca D’Antona, Claudio Sinatti, Painè, Riccardo Arena, Nunzio Cicero, Tatiana, GGT e Ozmo (che ha collaborato molto con loro ed è stato mio coinquilino per quasi 2 anni).
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Alcuni di loro erano più legati all’estetica urbana (come BO130, Microbo, GGT e Ozmo), altri assolutamente no (come Riccardo Arena, Nunzio Cicero e Tatiana) e altri ancora, come Claudio Sinatti, erano leggende del writing milanese (KADO TKA) che poi avevano intrapreso altre strade. Da loro sono arrivato per lo stage di fine corso della civica di cinema di Milano, e nel loro studio (che poi è diventato anche il mio) ho iniziato a capire cosa vuol dire portare avanti una ricerca.
Gli input principali rispetto al trasformarsi del mio lavoro, derivano dall’essere stato coinvolto direttamente nell’organizzazione di varie occupazioni (Bulk, Malamanera, 4042, Pergola negli ultimi anni). Questi spazi auto-organizzati sono stati per anni il punto d’incontro di diversi gruppi di sperimentazione creativa.
Essendo spazi urbani occupati, l’interazione con il quartiere e con la città stessa erano centrali.
4
Un progetto tra tutti portato avanti in quegli anni è stato TORA BORA.
Da un’idea nata da un viaggio in furgone con Mork e Fritz the cat, abbiamo creato uno spazio all’interno del Bulk dove facevamo serate invitando a cantare Kaos, DJ Gruff, Esa e vari altri protagonisti del Rap di quel momento.
Vendevamo anche spray 7 giorni su 7, alimentando un grosso giro di writer all’interno del Bulk.
Faceva parte della crew che portava avanti questo progetto anche Gianni Ludico detto Abbominevole.
Sempre in quel periodo, insieme a Mork, mi sono spostato per circa un anno al Nuovo Bauhaus a Weimar in Germania, dove ho frequentato un master in visual communication.
Weimar, insieme ad alcune esperienze in Palestina durante quel periodo, mi ha fatto scoprire la volontà di filmare quello che succedeva attorno a me.
5
Fino al 2009 ho assorbito informazioni da tutto quello che mi stava attorno, ero ancora poco cosciente sulle motivazioni che spingevano il mio lavoro, ma mi stavo formando sulla gran parte delle tematiche su cui avrei lavorato durante i 10 anni successivi.
È in quel momento che ho iniziato a dipingere usando il bianco e nero e le linee che mi caratterizzano, e che la mia attenzione si è spostata sul tentativo di definire il significato della mia pratica.
È così iniziato un momento di riflessione su come si potesse, usando la pittura come punto di partenza, parlare attraverso il video di altri concetti.
Un esempio molto chiaro di questo processo è MIRRORLESS (2013), un progetto a 4 mani con l’artista argentino Pastel-Franciscos Dias Scotto, in cui gli interventi pittorici sulle case di Winwood (Miami), diventano un pretesto per esplorare lo spazio urbano e i temi della nostra ricerca.
6
MIRRORLESS è stato il mio primo grosso progetto in America.
Tra il 2009 e il 2019 ho continuato a viaggiare tra l’italia e gli Stati uniti, facendo mostre, muri, progetti e gettando le basi per la parte più matura della mia ricerca.
Gli Stati Uniti mi hanno dato la possibilità di lavorare a progetti su più ampia scala e con una maggior apertura verso i giovani artisti, cosa del tutto sconosciuta venendo dall’Italia.
Questi 10 anni sono anche gli anni in cui è esploso il gigantismo nei murales e si è delineata maggiormente un’idea di Nuovo Muralismo Astratto.
6b
L’ampliamento della mia ricerca, insieme al tentativo di creare un archivio video che ne parlasse, si concretizza con il progetto ongoing NOMADIC EXPERIMENT.
7
Circa 10 anni fa ho iniziato a mettere insieme, all’interno di un sito, una serie di riflessioni sul mio lavoro e sulla mia esperienza di nomadismo artistico, cercando di costruire una narrativa riguardo a quello che stava succedendo attorno al nuovo muralismo e a come questo processo si stesse riflettendo nel mio lavoro.
Questo lavoro sul mio archivio personale ha fatto sì che negli anni mi rendessi conto di non essere interessato esclusivamente alla pratica pittorica.
Diventava sempre più chiaro come il tipo di approccio che stavo sviluppando relativamente alla mia pittura, si potesse traslare su altri media, creando nuove connessioni e contenuti.
7b
Da questa realizzazione, nascono LA MACCHINA e ANIMATED LANDSCAPE, due lavori in cui la pittura sperimenta nuovi spazi e supporti.
Il progetto LA MACCHINA consiste in una serie di sculture, create negli anni in collaborazione con Recipient.cc, che attraverso l’uso di rulli ed ingranaggi motorizzati, mettono in movimento superfici cartacee su cui interagisco con la pittura.
Il PROCESSO si materializza sia nel lavoro che nello spazio che il lavoro stesso crea attorno a sè.
8
In una delle più recenti configurazioni de LA MACCHINA, un software traduce i miei segni sulla carta nella modulazione di un onda sonora in tempo reale.
Così anche il suono è entrato nel mio lavoro.
9
Ritorna anche la componente performativa, che a mio parere è centrale anche nei graffiti classici, seppur non esplicitamente.
ANIMATED LANDSCAPE è un progetto di land art e video, dove I territori, scelti di volta in volta per specifiche caratteristiche ambientali e antropologiche, vengono indagati e raccontati attraverso interventi effimeri (tratti, forme e composizioni geometriche) eseguiti con materiali legati al territorio e filmate in zenitale da un drone.
10
L’intervento umano diventa unità di misura dello spazio circostante e motore di interazioni scultoree performative con l’ambiente architettonico. Il punto di vista sopraelevato fa scomparire la figura umana, favorendo così un processo di ridefinizione dello spazio e degli immaginari, creando una visione di luoghi che non si riconoscono più nella rappresentazione di loro stessi.
Il progetto diventa più articolato nel 2021, quando in occasione della rassegna CONTACT(less) organizzata dal Museo MAXXI L’Aquila, abbiamo girato una serie di coreografie ambientali in due location differenti, con il supporto di performers non professionisti.
11
Il risultato finale è stato una performance audiovisiva nella sala del museo dedicata a William Kentridge, in cui io e Ilaria Ceccarelli abbiamo musicato dal vivo le riprese delle due sequenze, usando LA MACCHINA, la voce, e il suono di un flauto. Credo che il mio lavoro parli principalmente del TEMPO. L’esperienza della pittura è intesa come rappresentazione visiva del tempo impiegato per crearla, e acquista significato nel suo divenire in relazione allo spazio fisico che la ospita. L’opera diventa la rappresentazione di un dato momento. La mia ricerca non va verso un fine ultimo compositivo/estetico; è una continua manipolazione ed elaborazione di un’idea di base dove al centro c’è il PROCESSO e la sua esplicitazione, che diventa un momento di continuo apprendimento.
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